Intervista agli Atropina Clan

Chiacchierata con gli Atropina Clan, band punk rock della Val Susa, attivi dal 1998, simbolo della lotta NO TAV e legati a tutte le battaglie per la difesa dei diritti umani. Nel 2019 esce “Essere Umani”, terzo album autoprodotto che li ha visti impegnati in un tour di 8 date nel nord Italia. Prossimi alla partecipazione al Punk 4 The Homeless di Sheffield (UK), ci hanno dedicato un po’ di tempo.

Radio Punk: Ciao ragazzi come state? E’ un piacere intervistarvi. Raccontateci un po’ dei vostri inizi e del percorso che vi ha portati alla pubblicazione del vostro ultimo album Essere Umani.
Atropina Clan: Ciao! Stiamo bene, è un bel periodo sia musicale che umano.
Diciamo che abbiamo iniziato come tantissime altre band… in un garage a Sant’Antonino di Susa in provincia di Torino nell’inverno tra il ’98 e il ’99. Eravamo giovanissimi e totalmente inconsapevoli che saremmo arrivati a pubblicare un disco nel 2019!
“Essere Umani” è il nostro terzo disco in studio, ma soprattutto è il disco che segna il nostro ritorno “ufficiale” a distanza di 13 anni dal precedente. Sì, dai, ce la siamo presa comoda!

RP: Il 2019 ha segnato un po’ il vostro ritorno con un nuovo album, dopo un periodo abbastanza silente.
Cosa avete fatto nel frattempo?
AC: Sì, in realtà nel 2008 ci siamo proprio sciolti, ma per fortuna, nonostante non fossimo più una band siamo sempre rimasti molto amici, ci si vedeva spesso e si usciva insieme. Abbiamo avuto altre band e ci siamo fatti un po’ i cazzi nostri, dopo dieci anni di convivenza strettissima un periodo di pausa ci stava. Ma la voglia di suonare insieme non ci è mai passata. Nel 2010 abbiamo deciso di riunirci una volta all’anno per beneficenza,a favore della ricerca contro il cancro e così dato vita ad un festival a cadenza annuale, il LIVE/FOR/LIFE che quest’anno ha festeggiato 10 candeline!

RP: Il vostro approccio è sempre stato caratterizzato da prese di posizione e messaggi socio politici molto evidenti. Quali sono i temi maggiormente affrontati nel vostro ultimo lavoro “Essere Umani”?
AC: Essere Umani come si evince dal nome parla di umanità, o meglio, del ritorno all’umanità in un periodo storico dove ignoranza e cattiveria la fanno da padrone. Siamo una band militante, pensiamo che la musica sia un veicolo comunicativo importantissimo per stimolare e far riflettere le persone. O almeno ci proviamo!

RP: Essere Umani è un lavoro molto interessante e diversificato con pulsioni ritmiche ska e sonorità ascrivibili al punk rock più “classico”. Come avete definito il sound del disco?
AC: Diciamo che ci siamo arrivati fisiologicamente. Se ascolti i nostri primi lavori troverai molta differenza nel sound ed anche negli arrangiamenti. Siamo invecchiati, abbiamo tutti almeno quarant’anni! A parte gli scherzi, la ricerca dei suoni “giusti” e degli arrangiamenti è stata la cosa alla quale abbiamo dedicato più tempo per la realizzazione del disco, ci siamo divertiti un casino cercando di trovare sonorità che non seguissero troppo i cliché del genere, speriamo di esserci riusciti.

RP: Come articolate il processo creativo all’interno della band?
AC: Bella domanda… Allora, negli Atropina Clan scrivono tutti ed è una figata! Normalmente l’autore porta in saletta l’embrione del brano, solitamente chitarra e voce. Poi facciamo una take del pezzo aggiungendo delle linee semplici di basso e batteria e poi Tanaka, che oltre ad essere un grande chitarrista è anche un bravissimo produttore artistico, arrangia a casa sua il tutto e lo condivide nel drive della band. Se piace a tutti si fa una take in diretta e archiviamo il tutto in attesa della registrazione vera e propria. Ah, chiaramente tutto fatto da noi nello studio di Ceppa, nostro bassista e producer!

RP: In questi mesi vi abbiamo visti su diversi palchi soprattutto nel nord Italia. Cosa è cambiato rispetto ai primi anni, non soltanto a livello personale e di band ma soprattutto in generale rispetto al concetto di live come momento partecipativo e di condivisione?
AC: La più grande differenza rispetto ai primi anni è la quantità di birra prima, dopo e durante il concerto… a vent’anni si beveva il doppio! No dai, siamo sempre stati una band che rende molto di più dal vivo che non in studio, fare concerti è il motivo per cui suoniamo, ci piace un casino! Viviamo il live come un momento davvero di massima condivisione, quasi di comunione. Diamo il 110% in ogni occasione, in qualsiasi palco, che siano in 1000 o in 5 persone.

RP: Pensate che il punk sia un genere ancora attuale nonostante siano cambiati i presupposti sociali e culturali? Come vivete oggi l’essere una band punk?
AC: Mah, il punk lo danno per morto da quando è nato, eppure siamo nel 2019 e siamo qui a parlarne. Essere una band punk oggi è stimolante, siamo ancora più di nicchia dello scorso decennio non avendo nessuno spazio nelle grandi radio o canali main stream, ma nello stesso tempo c’è un fermento underground davvero figo. Dopotutto gli argomenti per cui essere incazzati con la società dei padroni e dei governanti non mancano, ed è tutto mooolto punk!

RP: Come vedete oggi il panorama della musica underground in Italia e in particolare nella vostra città?
AC: Diciamo che si tiene botta. La situazione politico/socio/culturale attuale dà parecchi argomenti di riflessione e di conseguenza anche artistici. Ci sono un casino di belle band in giro, che meriterebbero sicuramente maggiore attenzione. A Torino c’è una lunghissima tradizione punk, dall’HC al melodico, in questo genere siamo davvero fortunati. Gli spazi non mancano ed anche le nuove generazioni si sono affezionate al punk ed effettivamente, nei concerti di questo tour, avremmo potuto essere i genitori di tanti ragazzi tra il pubblico. Che figata!

RP: Nel panorama attuale della fruizione musicale, che valore ha per voi l’etica Do It Yourself?
AC: Qua sfondi una porta aperta. Sia per quanto riguarda la creazione di un disco, sia per l’organizzazione dei tour o anche solo di un singolo concerto, abbiamo sempre fatto tutto in completa autonomia, senza etichette, agenzie o simili. Probabilmente affidandoci a professionisti del settore avremmo potuto fare qualcosa in più a livello di popolarità, ma questo avrebbe comportato delle differenze nei prezzi dei dischi e dei biglietti per i concerti e questo non possiamo tollerarlo. Poi vuoi mettere la soddisfazione di progettare, concepire, realizzare ed infine far uscire dei dischi in piena autonomia?

RP: A gennaio vi vedremo in un contesto internazionale. Cosa vi aspettate?
AC: E’ la seconda volta che espatriamo, la prima volta fu due anni fa a Barcellona, mentre questa volta saremo in U.K. a Sheffield per un festival a favore dei senza tetto. A dire il vero siamo un po’ emozionati. A Barcellona sono latini come noi ed il fatto di cantare in italiano non era un grosso ostacolo, mentre questa volta si va in terra anglosassone. Sicuramente vivremo questa esperienza come tutte le nostre “prime volte”, con la voglia di divertirci, di farci capire, di spaccare tutto. Sicuramente incontreremo delle splendide persone, torneremo a casa con dei bei ricordi!

Intervista a cura di Ellis