fai da te e coltivazione | DIY and Plantation photo

Fai da te e coltivazione

Piccoli consigli su fai da te e coltivazione da un contadino punk!

PREMESSA: Prima di iniziare a parlare di “fai da te” applicato alla coltivazione è doveroso fare una piccola premessa, una sorta di introduzione storica all’ argomento: la cosa fondamentale è prima di tutto sapere quando è nata l’agricoltura. In molti non se lo sono mai chiesto mentre è di assoluta importanza: l’agricoltura nasce non più di 10.000 anni fa in quella zona che oggigiorno è riconducibile all’Iran e all’ Iraq, ovvero la Mesopotamia. Nel percorso evolutivo dell’essere umano, dal momento della sua comparsa sulla Terra ai giorni nostri, l’agricoltura riveste un ruolo marginale-finale ed è da considerarsi, in quest’ottica, una pratica molto giovane e recente (valutate che al momento, secondo il calendario cristiano, ci troviamo poco dopo l’anno 2000). L’essere umano, prima di stabilirsi e insediarsi di volta in volta nei vari territori, era un animale nomade che si procurava cibo e sostentamento dalla natura e dalla caccia, e si spostava ciclicamente in base alle condizioni climatiche e alla necessità di cibo. Una volta addomesticati i primi animali e le prime specie vegetali ha iniziato a costruire insediamenti sempre più grandi fino a creare delle comunità fisse, abbandonando lo stile di vita nomade non considerato più vantaggioso. Da lì in avanti l’essere umano inizierà a sviluppare la pratica agricola (e pastorale), creando tutta una serie di legami con la natura, e una serie di rapporti spirituali, di conoscenze e di pratiche che si intrecceranno indissolubilmente con la sua vita. 

Ne sono testimonianza le innumerevoli religioni antiche e i miti che hanno come soggetto la forza e la vitalità della natura. La venerazione di un aspetto naturale, come può essere per esempio l’esistenza stessa del sole, era alla base della spiritualità della maggior parte delle popolazioni pre-industriali. Questo non significa che prima dell’avvento dell’agricoltura queste popolazioni non avessero saggezza spirituale, ma significa semplicemente che quel momento viene considerato l’inizio del suo percorso verso la modernità, dell’essere umano dotato di “ragione”.  Ed in effetti si parla di epoca moderna con la nascita dell’agricoltura.        

POST PREMESSA: A questo punto la domanda è spontanea: che cos’è quindi l’agricoltura? La risposta è altrettanto semplice: un compromesso con la natura, un punto d’incontro sostenibile per la natura stessa e l’umanità, dal quale entrambe le parti possono ricevere benefici. Posto in questi termini può suonare un po’ stonato ma è l’evidenza pratica dei fatti. Spero di fare un po’ più di chiarezza con un esempio pratico: prendiamo in analisi una spiga di grano (o un qualsiasi altro cereale). Quel che vediamo oggi in quella spiga è il frutto di centinaia di anni di selezioni attuate dai contadini, in base alla capacità produttiva della pianta, alla pezzatura, all’adattabilità al territorio e in ultimo, ma non per questo meno importante, in base al gusto. Immaginate una comunità umana antica, che da una zona si sposta ad un’altra perché in quello stesso luogo il cibo inizia a scarseggiare. Alcuni uomini considerano che quella data spiga, che cresce in quel luogo, non è poi così male, magari è un po’ amara ma è buona e decidono di prenderne un po’ con se. (questo a ulteriore conferma dello sviluppo delle facoltà intellettive dell’uomo che capisce che un seme equivale ad una pianta). Successivamente quei semi saranno piantati in un altro territorio e daranno delle spighe con delle caratteristiche simili ai genitori ma diverse: magari alcune spighe risultano più grosse e con più chicchi, incredibilmente alcune spighe sono un po’ meno amare e sono quindi un po’ più appetibili. L’essere umano non fa altro che selezionare la caratteristiche che più gli piacciono ed escludere quelle che meno preferisce. In questo modo si è attuata la selezione che ha portato a noi tutte quelle piante e quei vegetali che conosciamo oggigiorno. Portando un altro esempio: un pomodoro, magari bello grosso e succoso, ha come genitore antico una pianta che in comune con li pomodoro odierno ha tra si e no il colore o vagamente la forma del frutto. Eppure millenni fa qualcuno ha preso quelle stesse varietà selvatiche e ha iniziato a sviluppare con loro un percorso armonico, in cui l’uomo avrebbe appagato le sue necessità alimentari (…e perché no, anche spirituali!) e la natura avrebbe modificato se stessa un po’ alla volta, per venire incontro ai bisogni di un suo animale. Non vediate però in tutto questo una forzatura da parte dell’uomo. Niente di più sbagliato. L’estremo rispetto con cui l’uomo, dall’antichità fino all’era pre-industriale, ha trattato la natura è sempre stato ai massimi livelli. La saggezza e una certa componente reverenziale nei confronti delle forze naturali hanno garantito uno sviluppo equilibrato e una crescita oggettivamente e ragionevolmente sana per entrambe le parti. L’uomo ha avuto di che arricchirsi mentre la natura ha intrapreso nuove strade per modificare se stessa, in quanto sempre e perennemente in costante mutamento.         

FAI DA TE E COLTIVAZAZIONE:  E’ assolutamente possibile e necessario stabilire un momento esatto nella storia dell’uomo da cui le cose sono andate progressivamente e drasticamente peggiorando, non solo per quel che concerne l’agricoltura ma per tutti gli aspetti del vivere umano e non solo: questo momento corrisponde alla nascita dell’industria. I metodi di coltivazione si sono sempre più sterilizzati e denaturati, la terra è sempre più un’entità da spremere e consumare, una riserva con cui arricchirsi, l’uomo è diventato un automa che  agisce in base alle diciture dei prodotti chimici. La terra ha perso la sua magica alchimia ed è diventata un semplice ammasso biologico, da sfruttare e da cui ricavare immani derrate alimentari. Che i danni causati dalla mano dell’uomo siano ingenti e spesso irreversibili non importa più a nessuno: la terra è vista e vissuta nella sola dimensione contemporanea, il futuro sembra non essere preso più in considerazione e della saggezza del passato non è rimasta traccia, tutto cancellato da bugie economiche e da una folle rincorsa per la falsa sicurezza alimentare.

Sicuramente è impossibile trattare un argomento così vasto in un paio di pagine sconclusionate e riduttive, è una questione che andrebbe ampliata e discussa tra persone, assumendo lo scambio di esperienze come crescita culturale unilaterale, così come veniva fatto centinaia di anni fa: i contadini non avevano libri sui quali andare a vedere come coltivare o come trattare una particolare avversione, usavano l’esperienza diretta delle loro vite e quella dei loro avi, si scambiavano a parole i modi e i sistemi per coltivare e gestire gli “imprevisti”.

Il Fai Da Te o “diy” (per essere internazionali) nasce, prima ancora che nella cultura punk/hc, nel mondo rurale ed agricolo: i veri contadini hanno sempre e da sempre fatto tutto con le loro sole mani, senza l’aiuto di alcuno. Costruirsi la casa, costruirsi gli attrezzi per il lavoro nei campi, crearsi gli arnesi che gli sarebbero serviti per modificare i prodotti della terra, ecc. Abitazioni, falci, forni, carri, utensili vari, da sempre sono derivati da menti ingegnose  e sagge dedite alla vita pratica. Il contadino moderno è stato ridotto ad un altro mero operaio che utilizza attrezzi e macchine fatti da altri secondo orari e calendari stabiliti dalla gestione produttiva.

La prima cosa da fare, nel momento in cui ci si voglia avvicinare al mondo agricolo e non iniziare a fare dei danni irreparabili, è ripulire la propria testa da inutili idiozie sul “buonfare” tipico della virata industriale che ha assunto la vita (in generale). Rieducarsi da tutte le erronee asserzioni che vogliono le piante e gli animali dei semplici produttori di beni, degli essere da sfruttare il più possibile per tutta la durata della loro vita, senza immergersi emotivamente nell’atto stesso della creazione della vita. La più grande mancanza dei contadini moderni è appunto la perdita dell’amore per quello che fanno, della passione per i gesti, piccoli e grandi, che caratterizzano l’equilibrio dello scambio di valori che avviene tra l’uomo e la natura. Solo nel momento in cui la mente sarà pronta e disponibile ad essere inondata da miriadi di impulsi magici e da stimoli dai mille colori e sapori ci si potrà avvicinare alla coltivazione nel modo giusto: questo è il primo vero consiglio che mi sento di dare a chiunque voglia iniziare il percorso del contadino.

LA PRATICA: Difficile e troppo vasta da affrontare. Come detto prima non è questa la sede più appropriata, però ci sono delle nozioni che sono alla base di una buona educazione agricola che vanno assunte come fondamentali: prima di tutto le stagioni. L’andamento biologico di ogni forma di vita è dettato dall’alternanza delle stagioni. In un paese come l’Italia, mangiare un pomodoro in Gennaio non è naturale, così come non lo è mangiare frutta tipicamente estiva come pesche, albicocche, ciliegie durante i mesi invernali. Non solo non è naturale, ma la forzatura con cui questi poveri frutti crescono o vengono fatti arrivare a noi è talmente estrema da snaturare completamente le loro funzioni nutritive, e anzi, in molto casi faranno molto più male che bene una volta assunti. Le stagioni sono il vestito con cui la natura si mostra a noi e la capacità di notare e di adattarsi alle sue sfumature è la prima cosa che un contadino deve tenere in considerazione.

Agire nel momento giusto, usando intelligenza e saggezza, combinate con un pizzico di fortuna. Ovviamente ci vuole tanta esperienza, non ci si può improvvisare buoni conoscitori delle stagioni da un giorno all’altro (di questi tempi poi ancora meno! Viste le bizzarrie cui ci stiamo abituando!), ma senza queste conoscenze la caduta nell’agricoltura da etichetta è inevitabile.

Secondo passo: come farlo, ovvero che metodi utilizzare. Ci sono diversi tipi e criteri di agricoltura, tutti con i loro pregi e difetti e metodi più o meno efficaci. Cosa importante: non esiste un metodo più appropriato di altri, esistono vari modi che presi di volta in volta e combinati insieme risultano adeguati al problema da affrontare. I vari tipi di agricoltura sono nati e si sono sviluppati nei territori più disparati, molto spesso differenti tra loro e quindi con andamenti stagionali diversi. I vari stili vanno poi rielaborati e modificati in base alle esigenze del luogo in cui vengono adottati: la metodologia da un incipt, sta poi al contadino adattarla e plasmarla in base alle esigenze stesse. Anche qui, come nel caso della stagionalità, non è assolutamente facile. Ci vogliono anni e anni di esperienze e spesso non bastano per capire le cose migliori da fare. Si tratta di avere pazienza. Ed arriviamo appunto al terzo ed ultimo consiglio che mi sento di dare: la pazienza. Il “tutto e subito” è un assunto tipico dell’arroganza moderna. La tirannia del denaro ha manipolato la cultura ed ora sembra proprio che il benessere sia quantificabile solo attraverso le ricchezze materiali accumulate e accumulabili nel minor tempo possibile. L’uomo si sta abituando a ritmi di vita innaturali e dannosi, le sue funzioni biologiche sono spinte all’eccesso per permettergli di resistere ai ritmi cannibali del moderno vivere.

Se volete diventare dei buoni contadini, depositari di quella grande saggezza che ha contraddistinto le culture antiche, dovrete prima di tutto considerare ciò con cui andrete ad interagire: la natura. Essa ha i sui tempi e i suoi modi, ordini ed equilibri inviolabili, cicli inalterabili ed una moltitudine infinita di esperienze che confluiscono insieme, nel modo più armonico che si possa concepire. L’uomo deve entrare lentamente in questo mondo e farsi particella, diventare una parte infinitesimale di quei cicli e asservire la sua mente al tutto. Se farà ciò, se darà se stesso nel modo giusto, riceverà in cambio quell’emozione di cui non può fare a meno, l’amore. Questa è la via che io ho intrapreso per essere contadino. Prima di essere ciò che è, la coltivazione è una bellissima conversazione con la madre di noi tutti. Facciamoci dunque piccoli piccoli, e prepariamoci ad assistere allo spettacolo più grande che i nostri occhi possano mai ammirare: la vita nelle sue infinite manifestazioni.        

Enrico Guardigli