foto copertina split ghetto 84 Klasse Kriminale

Questa non è una recensione: la storia dietro lo split Ghetto 84 / Klasse Kriminale

Il legame tra skinhead e hardcore dietro lo split Ghetto 84 / Klasse Kriminale

Le due band del nostro bel paese che negli 8 minuti di questo split uscito per Crombie Media / Skinhead Sounds omaggiano il New York HardCore non hanno bisogno di presentazioni: insieme ai Nabat, sono i padri fondatori della cultura Oi! italiana, ed è vero che non c’è Olimpo per chi viene dalla strada, ma se esistesse almeno un podio sarebbero lì. Per entrambe sporche influenze rock’n’roll, grinta che esplode e voce graffiante, chitarre che fumano, linea di basso e batteria che marcia come scarponi. E poi il blues e quella melodia orecchiabile che ti resta dentro, che ti fa cantare gli anthem durante i live, per dei momenti che sembrano eterni, come quei riff.

C’è una digressione, nel libro biografico “My Riot – la mia vita hardcore” di Roger Miret uscito in Italia per Hellnation, durante un racconto di una delle tanti fasi buie della sua vita dovuta alle sostanze, in cui l’iconico frontman degli Agnostic Front racconta velocemente la genesi di un’altra band. Il primo batterista degli Agnostic Front –Raymond “Raybeez” Barbieri – amico fraterno di Roger e veterano marines, dopo essere uscito dagli AF per scarse capacità tecniche ed eccessivo uso di polvere d’angelo, approdò ai Rat Poison band, progetto che Tommy Rat stava mettendo su proprio con Miret e suo cugino Tito Perez. Questi quattro, dopo alcuni live insieme, decisero di cambiare nome; e Raybeez decise di appendere le bacchette al chiodo per diventare anch’egli iconico frontman di un’altra band leggendaria del panorama hardcore americano: i Warzone.

E’ un passaggio che può scorrere via veloce nella lettura del libro, tra un racconto di bad trip in mescalina durante un tour scanzonato, una rissa di strada e la lotta agli scarafaggi negli squat del Lower East side, eppure partiamo da qui per capire meglio questo split.

Ci è voluta una decade per far si che la cultura skinhead varcasse le sponde della Gran Bretagna ed approdasse di là dell’Atlantico; e quando ci arrivò fu, per molti aspetti, trasformata. Studiosi ed analisti più esperti di chi sta scrivendo (Riccardo Pedrini e Valerio Marchi, Skinhead, 2aed., Flavio Frezza, Italia Skins) concordano nel sostenere che, al di fuori del Regno Unito, la cultura skinhead è sempre stata legata a quella punk almeno quanto all’inizio, in terra natia, fosse legata a quella modernista e giamaicana.

Questa sintonia tra i due movimenti (skin + punk = tnt) nacque ovviamente dopo la nascita nel punk britannico nella seconda metà degli anni ‘70, quando nei primi ‘80 il movimento skinhead, oramai in una fase di declino dopo l’esplosione iniziale, riemerse promuovendo il neonato punk come la nuova musica eletta, al contrario dei precedenti skinhead (che rimasero “original” per l’appunto), indirizzati verso la musica nera giamaicana.

Poi, elementi comuni come l’odio per gli hippies, la sudditanza indesiderata ad una vita di sudore e fatica lavorativa, l’accettazione di un certo livello della violenza di strada, la passione condivisa per l’alcool e l’aggregazione fecero da collante e rinsaldando il legame portarono alla nascita di qualcosa che prese il nome di ‘street-punk’: la soluzione esaustiva che permetteva da un lato di riportare il punk in strada, dandogli una connotazione apertamente working class e ponendolo così in contrasto, in qualche misura, con l’anarco-punk pacifista di stampo crassiano e dall’altro la possibilità alla cultura skinhead di sopravvivere ma spogliata degli aspetti più elitari e talvolta snob derivanti dallo stile British.

Furono Detroit, New York e Boston le città americane che videro un livello molto alto di mescolanze di questi generi, a partire dai primissimi anni ‘80. Concerti di band proto punk come i The Stooges, di band d-beat come i Discharge e il celebre The Angry Brain che ospitò band quali 7seconds, Minor Threat, Black Flag e Dead kennedys oltre che far esibire le band locali in apertura, favorirono che ciò accadesse.

Nel 1980, la band newyorkese The Stimulators andò in tour in Irlanda: si trattava del primo gruppo punk rock statunitense a varcare i confini e al rientro da quell’esperienza il giovanissimo batterista – aveva 12 o 13 anni – tornò con un nuovo look fatto di scarponi e testa rasata, diventando così forse il primo skinhead di New York. Quel ragazzino era Harley Flanagan, che circa due anni più tardi avrebbe fondato uno dei gruppi hardcore più importanti di sempre, i Cro-Mags.

Nell’81, a Detroit, nacque una delle primissime formazioni skin dedite all’hardcore: i Negative Approach, che furono tra i primi gruppi di quel filone a farsi conoscere in Italia grazie anche alla fanzine di Tiziano Ansaldi. In una recente intervista, il cantante dei Negative Approach John Brannon ha dichiarato:

“a Detroit prese piede la versione londinese degli skinhead, il che ci sembrava piuttosto stupido. C’erano dei tizi che si comportavano come se fossero di Londra con boots e bretelle. Noi no. Noi eravamo semplicemente dei kids americani dalla testa pelata. Eravamo fieri di essere americani e pertanto non ci comportavamo come se fossimo inglesi”.

In seguito il virus si diffuse a macchia d’olio: ci furono sempre più skinhead nelle scene hardcore di città come New York, Detroit, Chicago e Boston. Gli skinheads sostanzialmente, arrivarono a costituire parte attiva di tutte le scene hardcore, dividendola con ciò che prese nome di Youth Crew con percentuali di partecipazione ovviamente differenti da città a città: più o meno ovunque la componente YC e quella SH erano parte della stessa scena. E ciò accadeva nonostante tutte le differenze del caso (questione straight edge, questione vegetarianesimo, proselitismo religioso, differenti contaminazioni musicali). In questa fase esplose il successo di gruppi punk statunitensi composti in tutto o in parte da skinheads, come gli Effigies di Chicago e gli Youth Brigade di Los Angeles, formatisi entrambi nel 1980.

Sul finire degli anni ‘80 poi, c’è stato un lento declino nel coinvolgimento degli skins nella scena hardcore che ha anche causato una sorta di riavvicinamento all’Oi! tradizionale da parte di frange SH e la nascita di un movimento che, dietro band quali Stars & Stripes, Anti-Heroes, U.S.Chaos a loro volta trainate dai padri fondatori Iron Cross e Doug & the Slugz, generano un genere a parte, l’American Oi!, persino distante per certi aspetti dai precursori britannici. L’unica scena hardcore-skinhead ancora attiva, seppur ridotta, è rimasta a New York City, con la DMS crew (Doc Marten Stomps), che vede all’interno Madball, Agnostic Front e Murphy’s law.

Questa era l’amalgama della scena americana negli anni ‘80: un pentolone capace di mescolare ragazzi e generi musicali lontanissimi negli stili ma vicinissimi negli intenti, capace di creare band incredibili nate per volontà di kids partiti rocker per l’Europa e tornati testa rasata, capaci di esplorare il thrash metal, ricongiungersi col punk rock ed approdare al culto religioso dell’ Hare Krishna.

Questi erano i Cro Mags di Harley Flanagan “primo skinhead americano”, nonché squatter nel ghetto insieme a Miret, Rat, Raybeez, Todd Youth (Warzone, D Generation, Danzig, e fondatore di progetti personali come Son of Sam e Fireburn, scomparso recentemente) e altri. E nell’unica parentesi di 3 anni (96-99) in cui Flanagan fu lontano dalla band fu sostituito da Craig Setari, bassista che moltx ricorderanno nei Sick of It All, ma che ha suonato anche con molte altre band leggendarie, tra cui Youth of Today, Straight Ahead, Rest in Pieces, Agnostic Front. Queste sostituzioni erano passaggi naturali: si apparteneva alla stessa sottocultura skinhead e tutti si apparteneva alla stessa scena.

Sono davvero centinaia i collegamenti tra cultura skinhead e scene hardcore accaduti negli anni 80: impossibile citarli tutti, ma a conferma di tutto ciò riporto direttamente autori coinvolti in prima persona, con alcuni passaggi dal libro di George Marshall “Skinhead Nation” (pubblicato in Italia sempre per Hellnation):

“nati nel Lower Est side nei primi anni ‘80, [nel momento in cui] il punk rock si trasformava in hardcore, i primi skinhead erano forse un centinaio ma il loro numero crebbe con l’ampliarsi della scena hardcore. Band come AF, Cro-Mags si guadagnarono in fretta un seguito skinhead e i loro tour contribuirono a diffondere il verbo in altre città. I Lower Est Skins erano accomunati dall’amore per ogni genere di musica e per lo stile skinhead che venne importato dalla Gran Bretagna, e quindi riadattato.”

Oppure, come riportato direttamente da Miret in My Riot:

“se non fosse stato per Sham69, Business, Cockney Reject o Last Resort probabilmente non mi sarei mai orientato verso quella grande musica della working class ne avrei mai scoperto i grandi gruppi skin americani”.

Nel 2004 i Sick of it All di Craig Setari hanno pubblicato un album di b-side, cover e inediti intitolato “Outtakes For The Outcast” per omaggiare la musica delle proprie radici. Due soltanto sono gli omaggi alla musica britannica. Entrambi sono alla cultura skinhead: Borstal Breakout degli Sham69 e Working Class kids dei Last Resort.

Tornando al disco, fossi sordo e non potessi ascoltare la musica rigenerante dei due brani, prenderei comunque questo 7” anche solo per gli occhi. Non le bandiere nazionali in copertina certo, ma per il libricino interno il quale contiene, oltre a curiosi racconti personali dei due frontman, la scannerizzazione di alcune lettere scritte a mano.

La prima traccia è dei Klasse Kriminale, per i Warzone. La band di Marco Balestrino coverizza la band di Raymond “Raybeez” Barbieri suonando l’anthem “The sound of revolution”. La voce alla salsedine del portuale traduce le parole al piombo del compianto veterano americano. Così come avrà fatto molte altre volte durante la loro corrispondenza: proprio con quelle lettere che trovate nell’inserto, spedite da New York City a Savona e firmate con “Keep the faith!”. Giuramento a cui Balestrino, com’è evidente, è ancora devoto.

Fossi cieco invece, e non potessi vedere coi miei occhi la grafia di Raybeez, prenderei comunque questo 7” anche solo per le orecchie. Per sentire la voce di Luca Rude esplodere contro i posers della scena, che a quanto pare sono sempre esistiti. La seconda traccia è dei Ghetto84, per i Sick of it All. La band di Rude coverizza la band di Setari suonando l’anthem “Step down”.

La rabbia contro ciò che è falso, il sentimento di schifo misto a compassione per quellx che vedono il concerto come passerella di moda non come occasione di supporto e soprattutto l’invito a mostrarsi per quello che sono realmente o a fare un passo indietro, a dare di più di quel che danno o a rinunciare al patto di fedeltà; perché “if the deal is right then respect is where it should be/se il giuramento è valido, allora deve essere rispettato”. Giuramento a cui Rude, com’è evidente, è ancora devoto.

Keep the faith, against the fakes

Andre.Core

A Tato

foto con Balestrino, Roger Miret e amici
Balestrino, Roger Miret e amici. (Archivio di Marco Balestrino)
foto di hardcore skinhead
Foto presa dall’articolo “Hardcore skinhead, get your haircut: gli skin e l’hardcore punk” di Crombie Media
foto con Raybeez e Marco Balestrino
Raybeez e Balestrino (Archivio di Marco Balestrino)
foto con Rude Ghetto 84 e Marco Balestrino di Fabrizio Barile
Rudy (Ghetto 84) e Marco Balestrino (Klasse Kriminale). Foto di Fabrizio Barile
Foto con Balestrino, Stigma e amici
Balestrino, Stigma e amici (Archivio di Marco Balestrino)

Foto di copertina di Fabrizio Barile

Sono ancora disponibili delle copie del 7″ dello split Ghetto 84/Klasse Kriminale. Se ti interessa, lo trovi qui clicca qui.

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