Out of Darkness

L’oscuro e inedito hardcore inglese tra anni ’80 e ’90

Quando pensiamo all’underground inglese a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, penso che a tutti si illumini – giustamente- nella mente la scritta Earache come un albero di natale. Giustissimo e sacrosanto. Tuttavia, nel Regno Unito non hanno mai smesso di brulicare gruppi hardcore dalle sonorità spesso uniche, tanto da renderli difficilmente accostabili o definibili. Al tramonto di una decade in cui moltissime band facevano letteralmente a gara (come si legge in Choosing Death di Albert Mudrian n.d.a.) su chi riuscisse a suonare più veloce, in cui gruppi come Heresy, Ripcord, Electro Hippies, UnseenTerror e Napalm Death avevano polverizzato i palchi in Europa così come in U.K., i sound iniziano ad evolvere altrettanto rapidamente, in un’infinità di direzioni.

Se, da un lato, l’esplosione del death metal lo vedrà legarsi sempre più indissolubilmente con il grindcore, l’hardcore punk vive un momento di avvitamento, una sorta di stallo.

Molti gruppi hanno tentato il colpaccio con virate metal, scadendo spesso ben oltre il ridicolo, mentre molti altri si sono scontrati con la maturità e la routine, perdendo slancio o originalità.
I risultati migliori, e senz’altro più originali, li hanno ottenuti quelle band che sono state in grado non di scimmiottare i trend del momento, né tantomeno di appiccicare in modo posticcio delle influenze di respiro più ampio, quanto piuttosto di introiettare, di metabolizzare tante matrici differenti, farle proprie e assimilarle. Un esempio su tutti potrebbero essere i G.B.H., che pur avendo fatto storcere il naso a qualcuno, hanno saputo innovare costantemente la propria miscela, senza per questo mai rinunciare al proprio timbro. Ebbene sì, diciamolo, a me i dischi dopo Midnight Madness and Beyond piacciono un casino, forse persino più di quelli “dei primi album”.
Due casi simili sono i Meatfly e i Force Fed. Nascono dalle ceneri degli Heresy, di cui condividono alcuni componenti (hanno condiviso lo stesso bassista, Kalv, mentre Mike Knowlton ha sostituito Jamie Sims alla voce per il loro ultimo album n.d.a) oltre ad aver entrambi pubblicato degli album per la In Your Face Records, e rappresentano le due anime che già iniziavano a percepirsi negli ultimi loro lavori.
Entrambi i gruppi sono attivi esattamente a cavallo tra anni ’80 e ’90 e sono purtroppo sconosciuti ai più, proprio in virtù di una vita complessivamente breve e di una non eccellente distribuzione. I Force Fed tra il 1989 e il ’91 pubblicano due LP, Claustrophobia e EloundaSleeps, seguiti da una manciata di 7”, ed elaborano un hardcore isterico, nevrotico, insofferente, al primo ascolto lascia quasi interdetti, sospesi. Potente, fluido e allo stesso tempo granitico, un ibrido tra gli Articles of Faith e i Christ on Parade, il tutto screziato di thrash. Sonorità cupe e martellanti, cui riescono sempre a fare da contraltare con una voce bipolare tra l’urlato e il parlato, che si fanno meno torbide nel secondo album EloundaSleeps, in seguito anche al cambio di cantante, di cui comunque non accusano il colpo, al contrario.

Force Fed – Claustrophobia

Force Fed – EloundaSleeps


Un gruppo inspiegabilmente relegato ai margini di ciò che mastica il pubblico, esattamente come i Meatfly, attivi nello stesso periodo, anch’essi autori di due album davvero pazzeschi e di altrettanti 7 pollici, tra cui un live in Giappone, dove avrebbero registrato e pubblicato per Discipline Records il loro lavoro migliore, benché anche canto del cigno Fatness, a solo un anno di distanza del potentissimo disco omonimo d’esordio. I Meatfly, proprio come i Force Fed, non sono simili a nessun altro gruppo che io abbia mai ascoltato; sono un blocco omogeneo e inedito. È hardcore, senza dubbio, ma lo è in un modo del tutto loro. Incasellano dei brani tecnici, spesso più lunghi ed articolati di quanto l’ascoltatore medio del sia abituato, con cambi di ritmo ed atmosfere che spesso disorientano, incalzate da riff che spesso richiamano il crossover thrash più furente.

Sono un gruppo che mi ha fatto andare in fissa da subito, proprio perché non avevo mai ascoltato nulla di simile

Solo avendo presenti i primi Negazione, gli Adrenalin O.D., gli Accused più allucinati e – per i più preparati – gli australiani Massappeal ci si può vagamente fare un’idea del suono unico dei Meatfly.

Meatfly – Self-Titled

Meatfly – Fatness

Da territori altrettanto veloci provengono i JailcellRecipes, che nel loro primo LP Energy in an Empty Tank World risentono ancora dell’influenza degli Intense Degree e dei primi Stupids, pur essendo già evidente il percorso più “melodico” (tra molte virgolette n.d.a.) e personale che sarebbero andati ad intraprendere dall’ EP Poulton Road in poi, culminato col bellissimo TwoYears of Toothache. Veloci, con sonorità più snelle dei Meatfly o dei Force Fed, ma non per questo meno incisive, creano un hardcore punk ruvido, graffiante e allo stesso tempo originale e coinvolgente. Sotto First Strike Records producono due album e due 7 pollici, arrivando purtroppo a sciogliersi nel ’92.

Jailcell Recipes – Poulton Road


Nello stesso anno vede la fine uno dei gruppi cui mi sono più appassionato, e a cui devo – a pari merito con i Meatfly – il grande interesse maturato nei confronti dell’hardcore punk britannico, ovvero i Can’t Decide. Autori anch’essi di due album usciti a un anno di distanza l’uno dall’altro, il primo, omonimo, seguito da Five Seven Nine Eleven, e di uno split in formato 7 pollici con i già citati Meatlfy, propongono sonorità che richiamano grandi band d’oltreoceano, 76% Uncertain, Bad Religion e soprattutto gli SNFU come numi tutelari: una miscela unica. Anch’essi vantavano tra le loro fila componenti che militarono negli Heresy, nei Ripcord e, più tardi, nei Dumbstruck e nei ViolentArrest (il batterista, John Milllier e il chitarrista Steve Ballam). Sono rimasto colpito sin dalla prima volta in cui li ho ascoltati, da una loro raccolta su CD uscita per Boss Tuneage Records nel 2004, tanto da essermi quasi subito mosso per rimediare tutta la loro discografia. Le linee vocali riescono ad essere contemporaneamente melodiche ma potenti, sgomitano, si fanno notare, pur attorniate da chitarre spesse, dense e da un dialogo basso-batteria davvero perfetto. Penso che ascoltarli gli possa rendere più giustizia delle mie parole.

Can’t Decide – Self Titled

Can’t Decide – Five Seven Nine Eleven

Ben più longevi e molto più prolifici si sono dimostrati i Cowboy Killers, originari di Newport Gwent, in Galles. Si sono formati, infatti, verso la metà degli anni ’80, mantenendosi in attività per tutto il decennio successivo, per sciogliersi solamente agli albori del 2000, all’indomani dell’uscita del loro ultimo disco Thank You, Fuck You and Good Night, dopo aver pubblicato 4 album in studio e altrettanti live, oltre ad una sfilza di 7pollici. Esordiscono sul finire degli anni ’80, dapprima con due EP devastanti, lo split con i The Sect intitolato Here Today, Here Tomorrow? e l’iconico KKK Wives on Holiday, cui fa da corollario il loro primissimo album Koyaanisqatsi, che ne definiscono immediatamente i connotati. Sardonici, isterici, spesso degenerati come ciò che ci si aspetterebbe da uno spettacolo di cabaret di second’ordine, i Cowboy Killers sono un trait-d’union tra il sound dei Dead Kennedyspiù maturi – quelli di Plastic SurgeryDistasters e Bedtime for Democracy – gli Spermbirds(che se non li conoscete non capite davvero un cazzo) e quel punk rock/hardcore californiano tagliente di cui D.I. e Adolescents sono capisaldi fondamentali. Il tutto, farcito di dissacrante umorismo al vetriolo, scorrettezza ed iconoclastia, che spesso vengono alternate ad intermezzi arricchiti da riff surf-rock e chitarre più dense. I loro album non sono facilissimi da trovare – basta sbattersi un pochino comunque, internet ce l’avete – per questo la mai abbastanza citata Boss Tuneage Records ha pubblicato un CD antologico Punkers Look Like Jerks From Outer Space con tutto il materiale della band nel suo primo periodo, fino al terzo album Dai Laughing, per essere precisi.

Cowboy Killers – Koyaanisqatsi

Cowboy Killers – Press and Run Like Hell

Cowboy Killers – Dai Laughing

Cowboy Killers – Punks Look Like Jerks From Outer Space

Sempre dello stesso periodo, seppure devoti a sonorità più vicine al punk rock, i The Joyce McKinney Experience. La loro particolarità consisteva in una doppia voce femminile, rispettivamente di Sharon Hunt e Yvonne McAvoy, perfettamente amalgamate in un mix assolutamente unico, che li avvicinava a gruppi che di oltreoceano come Tilt o i Bulimia Banquet. La componente melodica è senz’altro più presente che in altri gruppi citati in precedenza, ma senza per questo disinnescare mai la forza d’impatto di cui dimostrano di essere capaci nel loro album Joyce’s Offspring e nei due EP Boring Rock e Cuddle This! Sempre per la Boss TuneageRecordsè uscito un cofanetto antologico Love Songs For Kirk in doppio CD nel 2006, con molto materiale inedito tra cui delle demo per un secondo LP che non vide mai la luce.

The Joyce McKinney Experience – Joyce’s Offspring

Capitanati anch’essi da una voce femminile, quella di Julie Dalkin, i Dan – l’ultima band che passo in rassegna ‘sto giro – hanno invece avuto una vita senz’altro più lunga, componendo e pubblicando quattro album in LP e una cassetta, oltre a una manciata di 7 pollici, dalla metà degli anni ’80 sino ai primi anni ’90. Proponevano uno strano quanto accattivante miscuglio di anarchopunk e punk rock tendente alla melodia, sperimentandoci anche l’utilizzo di qualche sporadico synth, riuscendo nel compito tutt’altro facile di alternare midtempo cadenzati a pezzi più veloci e diretti, e nel contempo a costruire, impostare e maturare un suono proprio, in netta controtendenza con il crust/stenchcore – o come cazzo lo vogliate chiamare – che imperava negli squat in cui bazzicavano in quegli anni, un gruppo davvero unico nel suo genere, che in qualche album, come Mother with Child and Bunny azzarda addirittura un crossover tra anarcho punkhip-hop, primitivo e praticamente inedito per l’epoca (si parla del 1988, n.d.a.).

Dan – Can YouDigIt?

Si, lo so, so perfettamente cosa state pensando, “ma sto qua che cazzo fa dalla mattina alla sera?”.

Lavoro, come più o meno tutti. Semplicemente mi piace questo, questo chiamiamolo “genere” che non so manco io precisamente definire, questo ambiente, a prescindere da tutto. Per me è talmente semplice che faccio fatica a spiegarlo. Vabbè, spero vi divertiate ad ascoltare questi gruppi almeno la metà di quanto mi ci diverto io, secondo me sono tutti strafighi.

Per fortuna o purtroppo, sono gruppi semi-sconosciuti, quindi qualora vi interessino, aprite bene gli occhi, potreste trovarveli sottomano per due lire in una distro qualsiasi.

Comprateveli e ascoltateveli, perchè nessun file scaricato e nessuna playlist – per quanto comodi – saranno mai come un disco, un CD o una cassetta.

Scritto e tradotto da Rash