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Le (mie) origini del punk

Quel “chissà cosa è andato storto con te” di cui tanto parla mia mamma

Durante i miei lunghissimi anni di liceo, tutta la scuola aveva ben chiaro quale fosse il mio gruppo preferito. Avevo tappezzato bagni, banchi, muri di loro frasi; avevo 4 loro maglie che indossavo a rotazione continuamente (obbligando mia mamma a ritmi di lavatrice giornalieri) ; nel mio Ipod, tenuto rigorosamente a volume ammazza-timpani, giravano solo le loro canzoni. Rompevo talmente tanto i coglioni, parlando di loro, che probabilmente chiunque avesse a che fare con me, anche solo per sfinimento, finiva per ascoltarseli almeno una volta. 

Un giorno, la mia prof d’inglese, fissando la mia maglia ormai familiare, mi chiese: “Melissa, ma come li conosci tu questi gruppi??”
“E’ una bella storia prof, se vuole gliela racconto”.

20 – 21  MARZO 2009 | Le mie origini del punk

Avevo 15 anni. Ero un po’ testa di cazzo, antifascista convinta, frequentatrice assidua di manifestazioni, socievole e con dei lunghi capelli rossi. (Ed è qui che mi rendo conto che a distanza di 10 anni, non è cambiato un cazzo!). Non mi ero ancora avvicinata al mondo dell’hc punk, non lo conoscevo affatto, perchè il metal allora mi sembrava l’unica retta via. Il mio migliore amico mi propose di andare al Bloom la sera seguente per un concerto di un gruppo che non avevo mai sentito: Skragners, Skruigners, qualcosa del genere.

Il programma era semplice: prendere il pullman da Monza, inventarsi coi genitori qualcuno da cui dormire, arrivare al concerto, trovare un posto dove accamparsi random una volta finita la serata, tornare a casa (possibilmente sani e salvi) il mattino seguente; in pratica, raccontare una marea di cazzate e passare la notte da barboni, per un gruppo a me sconosciuto. Accettai, ovviamente, e tuttora ringrazio di averlo fatto perchè le mie origini del punk nascono proprio li.

Sono nella prima volta che entrando nel locale ho sentito una loro canzone, nella prima volta che ho pensato “cos’è sta figata di musica?”, nella prima volta in cui mi sono sentita davvero parte di un qualcosa più grande di me, nella prima volta in cui ho visto pogare davvero e fare stage diving, nella prima volta in cui io mi sono messa a pogare davvero e fare stage diving, nella prima volta in cui cantare quella rabbia a squarciagola mi ha fatto sentire davvero felice. 

Finita la serata, ci accampammo sotto dei portici a dormire, abbracciati nelle nostre felpe, scaldandoci con le birre. Faceva freddo, avevamo fame e sete, sembravamo dei tossici, ma eravamo giovani, felici ed innamorati della vita e di quella musica che ci incendiava il cuore. Poi arrivò l’alba…e ci dirigemmo alla fermata del pullman canticchiando “quando tutto finisce, sogni dipinti a metà, vecchie domande, questo senso pesante di vuoto”, ridendo della nottata trascorsa, ignari del fatto che quello sarebbe stato solo l’inizio. 

Melissa