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Il primo giorno di primavera

Non sarà un primo giorno di primavera qualunque: pensieri, ricordi e speranze durante la quarantena.

Oggi sono andato al supermercato, una cosa normale, un classico di tutti i giorni.

Ma oggi non è un giorno normale, oggi è un giorno di merda, un giorno uguale agli ultimi 15, forse meno di merda dei giorni a venire, perché è un periodo di merda, che si spera finisca in fretta, ma che si spera anche non venga dimenticato.

Oggi non è un giorno normale, oggi è il primo giorno di Primavera.

I Dik Dik ci hanno fatto pure una canzone intitolata così.

Oggi è Sabato 21 Marzo 2020.

Normalmente in questo periodo dell’anno il mio corpo esce dal letargo e il mio sistema nervoso inizia a rilasciare endorfine stimolate dai raggi di sole che mi scaldano mentre solco Bologna da un capo all’altro in bicicletta e il mio primo pensiero è stapparmi una bella birra gelata assieme ai miei amici in Piazza Dell’Unità o da qualche altra parte al chiaro di luna, e godere mentre la sento scorrere algida lungo l’esofago fino ad ingolfarmi lo stomaco suggellando il tutto con un super rutto liberatorio.

Invece no, oggi no.

Oggi sono in coda lungo il marciapiede che circonda il Lidl e penso al fatto che dovrò prendere un carrello, che forse prima di me è stato usato da una persona che magari si è starnutita addosso e adesso lo devo toccare io e penso che dovrò riempirlo di prodotti che sono stati toccati da tanta altra  gente prima di me e che magari prima hanno tossito o si sono scaccolati o si sono bagnati il dito con la lingua per aprire i maledetti guanti dell’ortofrutta che non si aprono mai e possono contagiare me o quelli dopo di me e che questa storia non finirà mai. Poi penso alla cassiera che mi tocca tutti i prodotti dopo aver toccato i soldi che portano più malattie dei piccioni e penso a quelli attorno a me che sono stati più furbi visto che hanno i guanti e le mascherine col filtro mentre io non ho nè guanti nè mascherine col filtro ma solo quella merda che ho usato quando dovevo dare il prodotto anti muffa sul muro. E penso che vorrei anch’io avere la mascherina figa come la loro, magari nera, con le borchie e lo stencil dei Wretched sul filtro. E penso a quanto comunque sarebbe utile indossarla sempre anche solo come presidio contro lo smog visto che giro prevalentemente in bicicletta, ma poi mi si appannano gli occhiali e mi dà fastidio.

Allora penso a quello che ho fatto in tanti anni di tour, di serate, di vita. Penso ai letti pieni di merda di topo in cui ho dormito, ai materassi ripieni di bed bugs, ai muri che si scrostano e all’intonaco che mi è finito in bocca mentre dormivo collassato a bocca spalancata, oppure a quella volta al Forteguercio quando la mia testa era sotto la scala a pioli lungo la quale una trentina di persone si sono avvicendate su e giù scrollando i loro anfibi pieni di polvere e fango sopra il mio muso facendomelo ingoiare e respirare per bene, o al sottotetto del Confino, o al materasso pieno di sangue e peli di cane del Rosalia e penso a mille altre situazioni da cui sono uscito illeso nonostante le scarsissime condizioni igienico sanitarie e… intanto ho già pagato senza rendermi conto di aver già finito di fare la spesa.

Guido fino a casa pensando ancora.

Mi immagino che fra un po’ sta storia di merda sarà finita e tutto tornerà alla normalità e torneremo a bere in Piazza Dell’Unità, torneranno i concerti, tornerò a lavorare, torneranno gli sproloqui di Salvini, torneranno le cene tra amici; oppure no, nulla tornerà come prima, perché questo era solo un test per vedere fino a che punto si potevano spingere nel limitare la nostra libertà, perché adesso arriva il 5G, perché gli U.S.A. sono invidiosi della Cina e penso che fino all’estate 2021 vivremo reclusi ai domiciliari e che magari delle cellule impazzite si riuniranno e inizieranno a  spaccare tutto e finalmente faremo la rivoluzione e fanculo tutto e tutti, ci riprenderemo i nostri spazi, le nostre passioni, la nostra libertà, ma poi penso che la gente non si merita l’anarchia e mi si riprospetta di fronte la scenografia di un film distopico che in questo momento rappresenta la realtà.

Nel frattempo, senza rendermene conto, sono di nuovo chiuso in casa e le mie mani hanno già messo un disco sul piatto, le mie dita hanno già appoggiato la puntina sul vinile rotante e i feedback di chitarra hanno già avvolto la stanza. E mentre deglutisco il primo sorso di birra della giornata, penso: “Perdition dei Disorder è davvero un disco della Madonna”.

Parole a cura di Koppa