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Sciopero dell’affitto: intervista a RentStrike Bolognina

Abbiamo intervistato gli inquilini di Via Serlio in sciopero dell’affitto a Bologna

In Via Serlio, 6 a Bologna, precisamente nel quartiere Bolognina, ci sono diverse persone che sono in sciopero dell’affitto da inizio aprile, viste le condizioni economiche di difficoltà che gli inquilini si sono trovati ad affrontare con l’emergenza coronavirus. Tutti gli appartamenti del condominio in questione sono gestiti dalla stessa proprietà, un’agenzia una società immobiliare con sede a Roma. Nell’intervista che segue ci facciamo raccontare alcuni aspetti della vicenda da queste persone.

Radio Punk: Ciao! Prima di tutto, raccontateci un po’ chi siete, che lavori facevate prima del Covid-19, un po’ di presentazioni generali.

Inquilini: Siamo gli inquilini di via Serlio 6, un palazzo in sciopero dell’affitto.
La cosa che più ci accomuna è quella di appartenere ad una generazione precaria (25-40), difatti, facciamo i lavori più disparati: tra di noi ci sono insegnati, operai, piccole partite iva, lavoratori dei call center, operatori sociali e socio sanitari, giovani avvocati, giardinieri, studenti, documentaristi, musicisti e lavoratori dello spettacolo. Tutte attività a collaborazione o con contratti a tempo determinato per cui, ormai, non è più prevista nessun tipo di garanzia o di tutela lavorativa. Per queste ragioni durante il periodo di lock down abbiamo deciso di sospendere il pagamento dell’affitto ed entrare in sciopero, creando un collettivo dal nome RentStrike Bolognina.

RP: Sempre per contestualizzare, raccontateci del quartiere in cui vivete per chi non è di Bologna e com’è il vostro rapporto con il vicinato. Dall’inizio di questo sciopero, è cambiato il rapporto con loro e se sì come? Ci sono stati episodi di solidarietà o è peggiorato?

I: Il quartiere in cui viviamo, la Bolognina, un tempo era una delle zone più popolari di Bologna, ci sono molte case di edilizia residenziale pubblica e questo ha fatto in modo che diventasse anche uno dei quartieri più meticci della città. Ad oggi ha ancora una composizione prevalentemente operaia, è abitato da molti migranti e giovani lavoratori. Quindi la solidarietà ricevuta dai nostri vicini di quartiere è da sempre stata molto forte, in più è uno dei quartieri con le più alte percentuali di sfratti, quindi è molto sensibile alle le questioni legate al diritto all’abitare.
Dal 2004, però, a seguito dei progetti di ristrutturazione previsti dal nuovo Piano regolatore, approvato dalla giunta Cofferati, il quartiere si sta gentrificando. Inoltre la sua collocazione geografica ha consentito che molti degli immobili venissero utilizzati per l’affitto a breve termine, airbeb e altre modalità di speculazione edilizia (nel quartiere è prevista ad ottobre l’apertura dello Student hotel, un ostello di lusso che sorgerà all’interno dell’ex Telecom di via Fioravanti – un tempo stabile occupato da famiglie senza casa, del movimento di lotta per la casa bolognese, poi sgomberate nel 2016), così, negli ultimi anni, il prezzo degli affitti, nel quartiere, è quasi raddoppiato.

RP: Quando e come è stata presa la decisione di entrare in sciopero? Avete provato altre strade più tranquille prima di giungere a questa iniziativa o avete subito capito che era l’unica possibilità di lotta?

I: Quando ci siamo trovati bloccati in casa senza lavoro, quindi, senza soldi e senza alcun tipo di reale sostegno al redditto, abbiamo iniziato a fare le prime assemblee di condominio, e visto che smettere di pagare l’affitto è il modo più veloce per recuperare reddito indiretto, abbiamo deciso di contattare la proprietà per proporre una sospensione del canone di locazione per il periodo di durata dell’emergenza. Abbiamo inviato una lettera, dallo studio legale in cui lavora una delle inquiline, ed abbiamo iniziato a trattare con la mediatrice della società immobiliare (fino ad oggi senza fortuna).

RP: Ad oggi, com’è la situazione? Avete ricevuto delle risposte e se si, quali? Quali sono le prossime mosse che metterete in campo?

I: Dopo la riapertura delle attività lavorative, quindi dal mese di giugno, siamo passati dalla fase di sciopero alla fase di autoriduzione. Molti di noi hanno ricominciato, seppur non a pieno ritmo, a lavorare, così abbiamo deciso di passare dalla sospensione all’autoriduzione dell’affitto. In poche parole, abbiamo cercando di sfruttare una delle misure di sostegno alle locazioni promossa dal comune di Bologna, che prevede degli incentivi per i proprietari  di casa che decidono di riqualificare il canone di locazione da libero mercato a canone concordato, abbassando l’affitto del 20%. Purtroppo, nel nostro caso, la proprietà non si è mai mostrata disponibile al dialogo ed ha sempre preteso le somme non versate sui canoni di locazione, tanto da averci inviato la lettera di intimazione in mora.

RP: Parlateci un po’ della piattaforma Rentstrike e come mai avete deciso di “aderire” proprio a questa e non ad altre. Avete eventualmente rapporti con altre piattaforme attive sul tema dell’affitto e del diritto all’abitare?

I: Spesso si dice che non ci vuole coraggio a fare una cosa che devi fare per forza, nel nostro caso nessuno di noi era più disposto a sacrificare quel poco di cui disponeva per alimentare gli introiti di una società immobiliare che possiede 15 milioni di euro di patrimonio, molti di noi hanno pregresse esperienze nel mondo delle occupazioni abitative e della lotta per il diritto all’abitare così quasi immediatamente ci siamo riconosciuti in uno degli slogn lanciato dalla campagna internazionale RentStrike “senza lavoro e senza soldi niente affitto
La questione legata agli affitti ed al diritto alla casa non è nuova nella nostra come in altre città ed è molto sentita in paesi come U.S.A. in cui praticamente non esiste nessun tipo di welfare e quindi neppure un sostegno abitativo adeguato. La compagna internazionale è stata lanciata a Los Angels da alcuni gruppi che come noi si sono autorganizzati per pretendere quello che ci dovrebbe spettare di diritto, LA CASA. Quindi è stato molto semplice cercare di creare anche all’interno del nostro palazzo una comunità autorganizzata per sostenere la campagna internazionale di sciopero dell’affitto.

RP: Siete riusciti a coinvolgere altre persone in difficoltà della vostra zona o di altre città a mettere in pratica qualche tipo di vertenza?

I: Quasi immediatamente abbiamo cercato di utilizzare i social per diffondere la campagna dello sciopero dell’affitto, ed alcuni di noi hanno messo a disposizione le proprie competenze per sostenere tutt@ quelle persone, che come noi, non riuscivano più a pagare l’affitto, in tanti ci hanno scritto e molti sono stati seguiti nelle fase di trattativa con i proprietari di casa.
Così abbiamo scoperto che le piccole proprietà sono state più sensibili alle situazione di emergenza abitativa generate dall’emergenza sanitaria, mentre le grandi proprietà come la nostra trattano le persone come numeri e hanno sempre ed unicamente il profitto come unico scopo delle proprie azioni, mostrandosi totalmente disinteressate alle drammatiche situazioni economiche che la pandemia ha generato e continua a produrre.

RP: Siete stati intervistati e si è parlato di voi in diversi media. Che impatto ha avuto questa esposizione mediatica? Ha portato benefici alla vostra situazione?

I: Probabilmente l’unico beneficio che prodotto è quello di diffondere la campagna dello sciopero di portarla a conoscenza di un numero maggiore di persone, probabilmente ha anche contribuito ha stimolare le scelte degli amministratori comunali che grazie alle varie proteste hanno iniziato a parlare del problema degli affitti legato alla straordinaria situazione di emergenza.
Nel nostro caso, però, l’esposizione mediatica ha prodotto l’effetto opposto la proprietà ha subito dimostrato una chiusura totale alle trattative, totalmente incurante del danno di immagine prodotto dall’esposizione mediatica della vicenda, in cui si è chiaramente manifestata l’esistenza di due parti opposti: quelli come noi, la gente comune che fa difficoltà ad arrivare alla fine del mese, ed i multi milionari che si preoccupano solo ed esclusivamente dei propri profitti a discapito di ogni cosa, anche della dignità e dei diritti.

RP: A proposito di media. Gli articoli o video usciti sono stati fedeli a quanto avete comunicato o sono stati edulcorati o peggio censurati in alcune parti? In caso, questo è lo spazio giusto per dire quello che eventualmente è stato modificato/omesso.

I: L’esposizione mediatica in cui siamo stati travolti è stata in parte voluta, perchè come abbiamo già detto ha consentito di diffondere la campagna e quindi la possibilità di smettere di pagare l’affitto a molte persone in difficoltà, certo è che essendo appunto stati letteralmente bombardati dalle richieste di giornalisti di ogni tipo abbiamo comunque dovuto imporre una determinata, diciamo così, linea politica di sinistra radicale alla nostra comunità ed allo sciopero, abbiamo così rifiutato interviste ed interventi in programmi televisivi proprio per evitare che l’ambiguità con cui certa stampa riesce a rinnarrare problemi di tipo sociale, come questo.

RP: Dal resto della città o dal resto delle realtà che feedback avete ricevuto? Come vedete lo scenario a Bologna e nel resto d’Italia e del mondo su questo tipo di lotte per la casa?

I: La lotta per la casa è una delle lotte più importanti e fondamentali, proprio perchè la casa è un bene necessario senza il quale l’esistenza e la dignità vengono svilite ed azzerate. Però a noi piace parlare, più che di lotta per il diritto alla casa, di lotta per il diritto all’abitare, che affronta tematiche ulteriori rispetto a quelle più strettamente legate alla semplice soddisfazione di un bisogno come la casa, dalle autoriduzione delle bollette delle utenze di acqua e luce, anch’esse considerate bene comune, ai così detti “espropri nei supermercati e nelle librerie, lette che hanno la capacità di far iniziare a far parlare di sovranità alimentare, di diritto alla cultura, di diritto alla salute all’ambiente e di diritto alla città.

RP: Prospettive di lotta futura in generale. Cosa ci aspetta da qui in avanti? Cosa pensate bisogna fare per riprendere terreno e smettere di soccombere e pagare sulla nostra pelle gli orrori del potere e del capitalismo?

I: E’ molto probabile che la crisi sanitaria si trasformi in una crisi economica e questo riprodurrà, come già avvenuto con la crisi economica del 2008, un contesto di profonda indigenza e di povertà estrema nelle nostre città, spetta a noi capire come agire, la passività e l’accettazione sono per noi assolutamente deleterie solo le lotte sociali e la resistenza hanno dimostrato, nella storia, di poter affermare risultati collettivi importanti. Crediamo che presto assisteremo (così come sta succedendo in America con il movimento black lives matter) ad una nuova ondata di lotte per il diritto alla redistribuzione sociale, che avranno come obbiettivo prioritari la lotta per il miglioramenti della condizione di disagio in cui ci troviamo a vivere, e di certo non vogliamo farci cogliere impreparati.

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