strung out recensione

Recensione: Strung Out – Songs Of Armor and Devotion

Strung Out: Il Ritorno Dei Giganti

Qualunque kid amante dell’hardcore melodico che abbia vissuto sul pianeta terra negli ultimi 30 anni conosce almeno un disco degli Strung Out, questa è una sicurezza, come una sicurezza è la curiosità che suscita l’ascolto del loro nuovo album “Songs of armor and devotion“.
Pubblicato ovviamente da Fat Wreck records ormai partner fisso, crea un ponte ideale con “Agents of underground” del 2009 grazie alla splendida produzione di un ritrovato Cameron Webb che gonfia il suono e manda il prodotto finale direttamente nella top 10 dei dischi dell’anno.
Quello che tutti si chiedono è…regge il tiro senza il king di cassa e rullante Jordan Burns? La risposta è sì.
Ovviamente la mancanza della nota fantasia e presenza dello storico batterista si sente, ma in aiuto dei fab 5 arriva RJ Shankle bello dritto e sempre sugli scudi con un ritmo da vero treno sostenuto da un pilastro delle 4 corde che non ha bisogno di presentazioni, Chris Aiken che per l’ennesima volta dimostra di essere un funambolo e incendia la corda del Mi con colpi da vero pro. Ancora più importante, emerge un lavoro sulle chitarre veramente straordinario, fatto di riffoni pesanti, fischi al limite del power metal ad una velocità disarmante frutto di una tecnica sviluppata negli anni finalmente usata non soltanto per pura dimostrazione di forza, ma come una rasoiata ben sistemata nei padiglioni auricolari. Jake Kiley e Rob Ramos hanno fatto palestra con i loro progetti extra e quando si incontrano creano scintille e plettrate inconfondibili.

L’evoluzione degli ultimi anni ha fatto bene, “Transmission.alpha.delta” era un disco molto molto complicato, scritto da un gruppo di architetti, molto vicino alla concezione di album alla Propagandhi, l’ultimo ep “Black out the sky” invece li ha portati ad affrontare un progetto completamente acustico dove la loro vena folk americana si è potuta esprimere liberamente lasciando aperta la strada al suono fresco di queste nuove 13 chicche.
Daggers” primo singolo trascina e manda sulla luna, si lavora su tom e arpeggi alieni mostrando il lato più innovativo degli Strung out, con uno stop in decompressione soft e delicato seguito da un assolo metal oriented di pregio.
Il bello però deve arrivare, come sempre accade l’apripista non è sempre la vetrina del prodotto completo, tutte le songs meritano diversi ascolti ed un immersione completa, già da “Ulysses” le atmosfere cambiano e tutto diventa più inquadrato dentro il loro mondo, quel modo di costruire i pezzi che li contraddistingue da sempre, quel gusto anni 90 che tutti amiamo.
“White girl” diverte e fà sbattere davanti allo stereo grazie ad un riff riuscitissimo e ad un bridge/ritornello da puro sing’a’long.
Plauso per “Strange notes” già destinata a diventare un grandissimo classico, sfido a non farsi una cassettina in ripetizione lato A, lato B solo con questa hit. 

Cosa manca? Jason Cruz, amato e odiato ma sempre invidiato, rimane uno dei cantanti più dotati nel genere, graffia, sale e scende con la sua voce profonda, urla e pennella melodie che si stampano in testa come il sole della California. I testi sono molto personali, da quello che si legge ha dedicato molte di queste parole ad un amico scomparso da poco e questo rende il tutto denso di emozione.
Esistono delle critiche? certo, la copertina non mi fà impazzire, c’è chi è rimasto deluso dopo qualche loro live show, il sound a volte è quasi metal/emo, ma tutto questo gettatelo al vento, i giganti sono tornati in splendida forma e vi accompagneranno in un viaggio fantastico.
Frontino dietro, camiciona a quadri, calzini sotto al ginocchio e bibitone alla mano, “Songs of armor and devotion” è nel tuo negozio di dischi preferito.

voto 8/10

recensione a cura di Mauro “Glue”