affonda la società del business musicale foto copertina cassetta // Sink the virtual music business society

Saccheggia e affonda la società del business musicale virtuale!

Concerti: la musica ritornerà ad essere passione e sudore oppure resterà liquida e virtuale?

Il periodo che stiamo attraversando è un periodo che ci ha permesso di fermarci e guardare cosa è successo fin qui. La pandemia ha amplificato di sicuro le nostre idee, le ha messe su un tavolo e gli ha dato o una logica oppure le ha di nuovo confuse. Seppure il “mantra” del Presidente del Consiglio sia quello del peggior psicoterapeuta in circolazione (“abbiamo il modo di pensare a noi stessi, alla nostra vita…di fermarci. Di uscire dalla frenesia della nostra quotidianità e cambiare le nostre abitudini”), questa è una cosa che davvero è successa e succederà ancora. Il tanto atteso e ripetitivo “pensa a te”, però, non è una conseguenza del superamento del capitalismo, ma è stata un’imposizione (non valida, tra l’altro, per tutti e tutte) perchè il processo capitalista non può essere un fallimento e non può fermarsi di colpo.

Così mentre il paese si è fermato (o quasi) e altri si stanno fermando per la propagazione del virus, molti e molte compagni e compagne, nonché autori e autrici hanno provato ad analizzare questa situazione chiedendosi quali son state le modificazioni del presente e soprattutto cosa avverrà dopo in merito anche ad una continuità delle lotte sociali (https://www.carmillaonline.com/2020/03/04/sullepidemia-delle-emergenze-e-sulla-catastrofe-come-campo-del-possibile/ e seguenti approfondimenti sull’epidemia e poi https://macerie.org/index.php/2020/03/16/appunti-sullepidemia-in-corso/).

Nelle varie “letture” di questa nuova ed estrema situazione di controllo sociale, sembra avere un ruolo fondamentale lo sviluppo della rete e delle nuove tecnologie che già era in atto prima che la diffusione del Covid-19 fosse così massiccia. Siamo passati dagli ultimi due Decreti Sicurezza che addirittura incentivavano i vari comuni a installare telecamere agli angoli delle strade ad iniziare a parlare di una nuova rete più veloce e più complessa: il 5G.

Anche se il 5G è un terreno ancora sconosciuto per noi poveri ignoranti, la rete è comunque uno strumento che usiamo quotidianamente e che in questo periodo di domiciliari forzati ha visto il suo utilizzo incrementato: se già prima ognuno e ognuna di noi viveva con la faccia sullo schermo di un cellulare o di un pc, la pandemia ha amplificato il suo utilizzo anche solo per non annoiarsi e mantenere dei rapporti con chi fino a ieri potevi abbracciare e guardare negli occhi. Leggi ad esempio qui

Ma se l’uso della tecnologia si è incrementato nel nostro privato lo ha fatto anche in maniera differente per tentare di sopperire alla crisi di uno dei settori produttivi più colpiti fin dall’inizio: l’industria dello spettacolo. Il Covid-19 ha messo in ginocchio un settore fatto di precari e precarie creando un buco economico non indifferente ad ogni livello della catena produttiva: il facchino/facchina non lavora, l’artista non si esibisce, i piccoli club han chiuso i battenti e l’amministratore delegato della multinazionale dello spettacolo ha smesso di vedere i suoi introiti in crescita. Sembra che il virus abbia, quindi, portato alla luce i limiti di un ambiente che già aveva del marcio in sé e che si reggeva grazie allo sforzo di chi sul campo ci metteva davvero tutto se stesso e se stessa guadagnando solo la gloria di qualche pacca sulla spalla e due lire per poter sopravvivere.

Ed è qui che entra in campo la tecnologia e lo sviluppo della rete internet. Anna Zò, nei primi giorni dell’emergenza vera e propria, pubblicava un articolo in cui dava indicazioni su come ci si poteva e si può creare business pur stando lontani e in casa aumentando l’utilizzo di piattaforme di streaming ormai diffuse (soprattutto tra i giovani), ma anche utilizzando nuove frontiere come la realtà virtuale.

Secondo la responsabile del MusicTech – Music Innovation Hub

La sfida di oggi sta nel pensare a come sviluppare un’esperienza che non solo permetta di trasporre in chiave digitale un live set, ma che sia in grado di creare un nuovo tipo di experience concepita sin da subito per una fruizione virtuale. In tale sfida la tecnologia, sia video sia audio, assume un ruolo ancora più fondamentale, permettendo di differenziare l’offerta attraverso features sempre più unici ed innovativi. Per citare solo alcune applicazioni, si pensi alla cross reality (XR), oppure alla tecnologia 3Dsound che, combinate ad un numero sempre maggiore e sempre più accessibile di device domestici (da visori, a cuffie e microfoni) permettono di creare delle vere e proprie esperienze immersive ovunque ci si trovi. 

Uno scenario aberrante, ma non irrealizzabile perché già visto, seppur nel limite di tempo di una canzone, nell’ultima edizione di X-factor con le esibizioni virtuali di Gianna Nannini e Tha Supreme e sperimentate da Vodafone attraverso lo sviluppo della rete 5G appositamente in collaborazione con il talent show di cui la multinazionale delle comunicazioni è stata partner ufficiale. 

Se però fino ad ora sembra che il modello di “musica virtuale” o “musica da camera 2.0” abbia riguardato i grandi colossi dell’intrattenimento in collaborazione con i grandi colossi della comunicazione tecnologica, un segnale allarmante arriva anche dal music business di basso-medio livello come è avvenuto, ad esempio, con i concerti in streaming dei Cro-Mags e dei Dropkick Murphys al St. Patrick’s Day.

Da domani, dunque, la tendenza potrebbe essere quella di vedere non solo i freestyle dei o delle rapper in quarantena, il pezzo suonato da one man band nelle proprie case e un dj set del/della producer techno di turno, ma quella di assistere a live in locali vuoti con i/le musicisti/musiciste a distanza di sicurezza dove chi ci guadagnerà probabilmente saranno sempre i soliti magnati dell’industria musicale realizzati da pochissimi lavoratori/lavoratrici sfruttati/sfruttate. Si prospetta, quindi, una situazione in cui i concerti saranno svuotati di quello che più li ha caratterizzati: la passione, il sudore e la gioia collettiva di assistere ad un evento comunque unico, irripetibile.

In mezzo a questo nuovo scenario dovremo interrogarci, insieme ad un prospetto più ampio incentrato sulla concretezza delle lotte sociali, su come opporremo resistenza e, soprattutto, su come cambieranno le dinamiche nel mondo dell’autoproduzione musicale che già, da molti anni a questa parte, avevano iniziato a mutare.

Quello che di sicuro dovremo affrontare sarà il metodo di contrasto nei confronti della fruizione dei concerti via web rimettendo in atto le relazioni che ci han sempre contraddistinto. Amplificare il nostro modo di affrontare i concerti non solo dalla parte del pubblico, ma ripensando a tutti quei processi (anche solo mentali) di organizzazione dietro ad essi. Un ritorno alle nostre origini, nei luoghi che probabilmente riprenderanno il discorso di eventi dal vivo in barba alle restrizioni e magari un ridimensionamento di tutte le necessità superflue che fino ad ora pretendevamo. Perché la musica non è solo musica e senza contatti, rapporti umani tangibili e senza, soprattutto, una prospettiva di rottura e di lotta la musica rimane liquida, virtuale e fine a se stessa. Oggi più di prima.

Fabrizio Mastello