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MARGINI: intervista a Niccolò Falsetti e Francesco Turbanti ideatori del film

Niccolò Falsetti e Francesco Turbanti ci parlano del loro film Margini, di provincia, punk e diy.

Una band che suona e urla nei microfoni di una sala prove scalcinata, sul muro una scritta sbombolettata recita “tupa tupa is the law”, adesivi e locandine sullo sfondo. Così si apre Margini, un film che scava dentro alle vite di ogni punk e skin di provincia, che ti legge dentro e che restituisce su un grande schermo tutte quelle sensazioni che chi viene dalla periferia e ama il punk ha provato almeno una volta nella vita. Racconta la storia di un gruppo di amici che prova a svincolarsi dalla desolazione della palude di Grosseto con il solo linguaggio che conosce: il punk. Niccolò Falsetti (regista e autore) e Francesco Turbanti (autore e attore che interpreta Michele) hanno dato voce ad una storia che ne rappresenta mille e oggi ne parliamo insieme.

https://www.youtube.com/watch?v=LZUVlzIPltY&ab_channel=Fandango
Trailer ufficiale del film

Radio Punk: Ciao ragazzi e grazie infinite per essere qui nella nostra ‘zine! Abbiamo visto il film “Margini” al cinema insieme alla vostra presentazione e, essendo cresciuti anche noi in una situazione molto simile, ci siamo rispecchiati in diversi momenti della storia. Iniziamo chiedendovi: quando siete entrati in contatto con il punk? Vi ricordate il momento esatto in cui avete pensato che sarebbe stata la colonna sonora della vostra vita?

Niccolò Falsetti: Beh non è mai facile rintracciare le origini in maniera troppo puntuale, perché il punk è qualcosa che quando l’abbiamo scoperta ci ha abbagliati e siamo rimasti folgorati. Diciamo però che per motivi e in modi diversi ci arrivò fra le mani “And out come the wolves…” dei Rancid e quello è stato forse il primissimo impatto con una band che associavamo consapevolmente al firmamento punk.

Francesco Turbanti: E poi ci fu il periodo dei primi amori, quello per la Banda Bassotti e per qualche band classica tipo i Clash. E poi un giorno entrammo in un negozio grossetano che si chiama Rudeness, di cui però magari parliamo meglio più avanti. Sicuramente non sapevamo ancora che sarebbe diventata la colonna sonora della nostra vita, lo abbiamo capito dopo, quando ci siamo resi conto che per studio e per lavoro eravamo profondamente ignoranti quando parlavamo di qualsiasi artista o disco che non venisse dal punk. Però avete usato l’espressione più giusta.

Radio Punk: Come sappiamo bene il punk non è solo un genere musicale ma una vera e propria sottocultura e secondo noi siete riusciti a rappresentare molto bene questo concetto. Michele e Edoardo portano i Defense (alias i Payback) in Italia facendo tutto da soli e qui emerge uno dei temi fondamentali della nostra sottocultura ovvero il tanto caro Do It Yourself! Quanto è importante il DIY nelle vostre vite? 

Francesco: Sicuramente importantissimo, perché quell’imprinting, quella mentalità, rimangono inculcate nella testa e diventano quasi degli automatismi. Margini è e rimane un progetto che viene dal basso, che si è guadagnato una credibilità autonomamente, con l’impegno dei tanti e delle tante che ci hanno lavorato ma che in qualche modo hanno applicato, senza dargli necessariamente questo nome, metodologie di collaborazione e partecipazione che vengono da quel mondo lì.

Niccolò: Sì, diciamo che facendo le cose da soli abbiamo imparato a fare le cose insieme, che è la cosa più bella che ci portiamo dietro. Anche su Margini abbiamo avuto il privilegio di avere due produttori, Alessandro Amato e Luigi Chimienti di dispàrte, con cui abbiamo potuto impostare un lavoro orizzontale, senza gerarchie, facendo valere vocazioni e competenze individuali, facendo contare più la responsabilità del ruolo che il valore atavico del rango. E questo metodo, come dice Fra, è stato assimilato presto anche dalla nostra bellissima troupe.

Radio Punk: Avete portato il vostro film in numerosi ambienti cinematografici non punk, qual è stata l’impressione di chi è esterno a questo mondo? Pensate di essere riusciti a comunicare loro il messaggio del film? Avete ricevuto delle critiche costruttive che vi sono rimaste impresse? 

Niccolò: Margini ha avuto una gestazione lunga, di più di sette anni. Spesso ci siamo chiesti se di come stanno i ragazzi che fanno punk in provincia fregasse realmente qualcosa a qualcuno. E infatti c’abbiamo messo un botto a farselo finanziare. Però da quando c’è arrivato l’invito alla Settimana Internazionale della Critica e abbiamo saputo che saremmo andati a Venezia abbiamo iniziato a capire che il film aveva un valore non solo per la nostra tribù. Fra l’altro abbiamo pianto due giorni quando l’abbiamo saputo (perché ok il punk ma siamo anche emotivi. Ovviamente emotivi sempre, emo mai!).

Francesco: Pensiamo che sia perché in fondo la nostra è una storia di amicizia, una storia di provincia, vissuta da tre membri di una band hardcore. Il punk è stato il pretesto, il liquido di contrasto che abbiamo iniettato nelle vene della provincia per vedere i suoi difetti le sue idiosincrasie, le sue goffaggini, le sue malefatte da due soldi. E poi c’è questo fatto che appena dici che fai punk a Grosseto alla gente, noi in primis, scappa da ridere. E il valore della commedia è fondamentale per raccontare le parti più drammatiche con la giusta ironia.

Radio Punk: Nonostante non siamo degli esperti di cinema ma solo dei semplici appassionati, abbiamo apprezzato moltissimo la fotografia, la regia e i dialoghi “ritmati” del film. Quali sono i vostri maestri in termini di cinema? 

Francesco: Beh è difficile dirlo, davvero difficile. Gli autori che ci piacciono sono tantissimi e molto diversi fra di loro. Sicuramente ci sono dei film che abbiamo studiato e ristudiato e che sentiamo molto vicini al nostro film. Da attore ad esempio posso dirvi che con Nicco per quanto riguarda la recitazione ci siamo studiati a fondo film culto come L’Odio di Mathieu Kussovitz ma anche film che uno associa meno immediatamente a Margini come Marriage Story o Frances Ha di Noah Baumbach.

Niccolò: E anche in scrittura e in regia abbiamo pescato da tante altre fonti, anche qui spaziando molto. Da Full Monty, per il rapporto fra il background socio politico e l’arco narrativo dei protagonisti, ai Vitelloni di Fellini e Amici Miei di Monicelli. E ovviamente This is England di Shane Meadows, che per noi è oggetto di culto. 

Radio Punk: Invece a livello musicale quali sono i gruppi con cui siete cresciuti e ai quali vi siete ispirati? Nel film ascoltiamo un mix tra oi! street punk, hardcore italiano anni 90 e hardcore americano. Quale sottogenere del punk ascoltate di più?

Niccolò: In realtà ascoltiamo di tutto. Sicuramente abbiamo iniziato più con l’oi! E lo street punk. Per una fase siamo stati skin, quindi quello era il richiamo più forte. Quando abbiamo approfondito l’hardcore però abbiamo preso una sbornia che non c’è ancora passata. Ora ascoltiamo ogni sottogenere di quelli che ci menzioni, dipende molto dai dischi che escono e dal mood del momento.

Francesco: Negli anni in cui è ambientato il film non ascoltavamo altro poi. Siamo dovuti diventare adulti per concedersi un ascolto lucido di un Bob Dylan, di un De André o degli Stones.

Niccolò e Francesco nel giorno in cui hanno fatto le basette e i capelli a Francesco per impersonare Michele

Radio Punk: Durante la presentazione a Bologna avete nominato il vostro mentore David Bardelli con il suo negozio Rudeness a Grosseto. Qual è la situazione attuale della scena punk nella vostra città? Quanto e come è cambiata dal 2008, anno in cui è ambientato il film, ad oggi? Ha mai avuto un “periodo d’oro”?

Francesco: Attualmente oltre a noi PEGS, che abbiamo ripreso a suonare attivamente da poco, spinti anche dall’onda emotiva del film (tanto che è da poco uscito il nostro album, intitolato proprio La Palude, fine della televendita) ci sono vari gruppi di amici della provincia grossetana che ancora si sbattono per fare concerti e serate in zona come i La Piena, gli AutoblastinDog, gli Splitheads con cui abbiamo condiviso il palco della tappa grossetana del Margini Fest. La scena grossetana degli anni del film invece marciava compatta sotto la bandiera dell’As One Crew, il nostro collettivo di gruppi punk con cui organizzavamo concerti “a maledizione” e da cui vengono diversi membri delle formazioni che ho appena citato. Era era un periodo diverso per la scena in generale, un momento in cui nasceva un gruppo a settimana, in cui non si stava dietro alla quantità di dischi o compilation autoprodotti che uscivano, di concerti che c’erano in giro. Anche per questo il film è ambientato in quegli anni.

Niccolò: E il nostro punto di riferimento era sempre il negozio di David. Rudeness era la nostra seconda casa, se uscivi era quasi sempre per andare da babbo Bardelli a fare due chiacchiere. Qualcuno magari portava due birre, qualcun altro passava al volo, altri campeggiavano a giornata da lui, soprattuto il sabato pomeriggio. David spesso metteva su un disco e magari o voleva di farcelo comprare ma eravamo sempre alla canna del gas e lui ci cazziava duramente, perché spendevamo i soldi in birre scadenti invece che in dischi. Può darsi che negli anni abbiamo romanzato questa parte della nostra adolescenza ma la sensazione quando si ripensa a quel momento è in effetti proprio quella di un periodo d’oro.

Radio Punk: Come i protagonisti del film, anche noi veniamo dai margini ovvero da una periferia dove non c’è mai nulla da fare e dove è difficile creare qualcosa di “alternativo”. La provincia scatena in noi sentimenti ambivalenti, la odiamo e desideriamo solo scappare ma allo stesso tempo ci sentiamo in dovere di restare e di cambiare le cose. Cosa consigliereste ai ragazzi e alle ragazze del 2022 che vivono questa situazione?

Francesco: Non siamo davvero nessuno per dare consigli. Speriamo che arrivi il fatto che i protagonisti del film non fanno altro che provarci. Per noi la via è quella. Fare, insistere, sbagliare, fallire, portarsi a casa qualche punto ogni tanto e poi sbatterci la testa di nuovo. Ma non fermarsi. Soprattutto in provincia noi abbiamo sempre sentito il bisogno di non fermarsi, perché se ti fermi la palude ti affonda.

Niccolò: Forse l’unica cosa che aggiungerei è il fatto che a noi, a un certo punto, entrare in una sala prove muffita, imbracciare una chitarra e spalancare le bocce contro a dei microfoni e mettere su i PEGS, ha cambiato la vita più di qualsiasi altra cosa. Io, Fra, Ale e Piero siamo legati da un’amicizia che si è saldata fra quelle quattro mura marce e non è mai stata scalfita dalle difficoltà, dalle distanze, dai problemi. Ecco se qualcuno là fuori vuole fare questa mossa per noi è salvifico perché sta scena sta invecchiando un po’ troppo e sarebbe parecchio belle rivedere un po’ di ragazzi e ragazze giovani (davvero giovani, non come noi con l’adolescenza cronica) a sgomitare sotto a un palco e a mettere su gruppi e concerti.

Radio Punk: La politica, in senso apartitico del termine, affiora in più momenti sullo sfondo del film lasciando intendere il suo forte legame con il punk. Ad esempio il patrigno di Edoardo sfotte Michele (lo skinhead della band) dandogli del naziskin suscitando non poco fastidio in lui, oppure in un’occasione sentiamo nominare il CPA, storico centro sociale di Firenze tuttora esistente. Quanto è importante per voi la politica intesa come antifascismo, anticapitalismo e antisessismo? 

Francesco: Beh senz’altro importantissima. Fondante direi. Queste cose costituiscono una sorta di condizione di normalità del nostro pensiero politico. I riferimenti che trovate nel film sono i riferimenti poi che sono stati nostri, modelli che cercavamo di capire da ragazzi o luoghi che abbiamo frequentato, sempre rigorosamente in trasferta, per poter assistere ai concerti che dalle nostre parti non arrivavano. Però c’è mancata quella scuola che fai al centro sociale o all’interno di movimenti politici importanti come quelli delle grandi città.

Niccolò: Il nostro fare politica si è speso molto all’interno della nostra crew, nelle modalità con cui facevamo accadere le cose da noi. E forse oggi è più politico che qualche anno fa, perché al tempo era più facile trovarsi fra ragazzi di una certa provenienza sottoculturale e fare qualcosa insieme. Oggi si ha la sensazione che l’iper-connessione del mondo in cui viviamo finisca per lasciarci più soli, più centrati su noi stessi, con lo sguardo sui piedi e non sugli occhi degli altri. E invece nulla di politico può nascere senza la condivisione, l’incontro, l’aggregazione.

Radio Punk: Abbiamo scoperto che avete portato davvero una band americana a Grosseto ed erano i Madball! Quindi ci chiediamo: è stata davvero un’impresa come nel film? Quanto della trama è autobiografico e quanto è inventato? 

Niccolò: Il concerto l’hanno organizzato gli altri ragazzi della nostra crew. Noi eravamo partiti per andare a lavorare a Londra. E i Madball fortunatamente suonavano pure lì. Mentre siamo in fila per entrare incontriamo il cantante dei Face Your Enemy, che se non ricordo male erano nati da pochissimo, ci presentiamo a vicenda e quello giustamente ci fa: “Cazzo ma i Madball suonano la settimana prossima a Grosseto e voi ve li vedete a Londra?” Anche lui capiva benissimo il nostro dramma. Si potrebbe pensare che sia stato molto più fico vederli in una metropoli (ed effettivamente fu clamoroso) ma per noi provinciali era un dolore indicibile non partecipare a quella serata.

Francesco: Ovviamente dal racconto dei nostri amici abbiamo mutuato tantissimo per il film. I Madball mangiarono effettivamente i tortelloni maremmani e dormirono a casa dei ragazzi della nostra crew. Abbiamo mutuato da quell’esperienza non solo tutta una serie di sfumature, di storie e di dettagli importantissimi nella dinamica di organizzazione del concerto, che è il traino narrativo della storia ma abbiamo soprattutto testato su quell’esperienza il livello di credibilità di quello che stavamo scrivendo. 

Radio Punk: Chi del cast e della troupe, a parte voi due e i Payback che interpretano i Defense, viene dall’universo punk? 

Francesco: In realtà diversi di noi: buona parte della squadra di scenografia ad esempio, uno dei fonici, qualcuno di produzione e in modi diversi alcune delle ragazze del reparto  costumi. La cosa bella però è stato riscontrare una vicinanza ai temi del film anche da chi magari proveniva da sottoculture diverse o semplicemente dai luoghi di provincia. E vedere qualcun altro che magari un giorno arrivava sul set ascoltando punk anche se fino a quel momento non aveva sentito manco una nota distorta.

Niccolò: Esatto, alla fine del film siamo stati insigniti del titolo di “troupe punk” da Gianpiero Capra dei Kina, che insieme ad Alberto sono venuti a darci l’ennesima botta di supporto e a partecipare alle riprese stando a bordo palco per tutta la durata delle riprese del concerto. Penso però che sia bello dirlo perché il nostro modo di lavorare partiva da una sentita riflessione su come si fanno progetti dal basso e anche da un nostro personale bagaglio di esperienze che affonda le sue radici proprio nel DIY. Questo per dire anche i più regolari della nostra troupe alla fine qualcosa di punk se lo sono portati a casa.

Radio Punk: Siamo arrivati alla fine, vi ringraziamo per averci risposto e lasciamo i lettori con un’ultima domanda: avete in programma un prossimo film? Se sì, di cosa tratterà? 

Francesco: Sì, stiamo lavorando con la stessa squadra produttiva a un altro progetto, di cui per ora non possiamo dire praticamente nulla, se non che narrativamente parlando non c’entra niente con Margini.

Niccolò: Diciamo che sull’autobiografico ci siamo spesi abbastanza. Abbiamo voglia di raccontare anche altre storie e speriamo di farlo al più presto.

Radio Punk: Vi ringraziamo ancora una volta per aver fatto questa chiacchierata con noi!

I preferiti di Niccolò e Francesco relativi al film:

Album: Gli Ultimi – Storie da un posto qualunque
Film: This is England
Libro: Questa è la stanza – Gipi
Progetto: Centro Storico Lebowski

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